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La maternità non è niente di così speciale. Se la vedi da fuori

A casa mia c’è questa foto e ogni volta che ci passo davanti mi racconta una storia.
La protagonista sono io. Era un giovedì di luglio, 2012, l’ultima estate in cui sono stata perfettamente padrona della mia vita. Avevo in mano il pass per i concerti di Umbria Jazz, mi ero vestita e truccata abbondantemente e avevo messo un paio di scarpe nere con il tacco, aperte davanti. Vivevo ancora in centro e camminando velocemente lungo il corso avevo incontrato un mio amico che salutandomi aveva sottolineato quanto stessi bene, che ero bella.
Correvo verso la redazione in cui ho lavorato per anni per l’inaugurazione di una mostra che c’era in programma per quella sera. Avevamo invitato una fotografa di Roma che aveva portato le sue opere e pure un sacco di gente. Sono sempre stata brava ad organizzare e appena arrivata ho indossato l’elmetto e ho iniziato a dirigere i lavori. La serata è stata un successo.

E io mi sentivo così bene, ero esattamente dove volevo essere, mi sentivo padrona della mia vita, della mia estate, del mio lavoro. Ero innamorata di quello che era già il padre di mio figlio. Lui non lo so se lo fosse già, ma io ero innamorata e felice di essergli accanto. Ci siamo ubriacati. Divertiti. Divertita.

Quella è l’ultima serata di cui ho un ricordo nitido prima della nascita di Pit.
Il giorno dopo in redazione, sopra la mia scrivania, ho trovato questa foto, che era la riproduzione di una delle opere in mostra, con un biglietto in cui Marta, la fotografa, mi ringraziava per il lavoro fatto e mi diceva che quella ragazza mi somigliava.
Da quella mattina non mi sono più separata dalla foto. A lungo ha campeggiato sul muro dietro la mia scrivania, in redazione, poi mi ha seguita a casa e anche nella nuova casa e ora se ne sta lì appoggiata al portapenne sopra la mia scrivania. Una foto che per gli altri non significa nulla, è muta, ma che a me apre un mondo ogni volta che mi soffermo a guardarla. Per me gli oggetti hanno dei significati profondi, per questo faccio così fatica a separarmene. Per dire, ho un sasso nel cassetto del comodino che mi ricorda un posto magico. Solo a me però.

Gli oggetti hanno il significato che noi gli diamo, raccontano le storie che noi vogliamo cucirgli addosso a quegli oggetti, ci ricordano le persone che noi ci vogliamo far ricordare.

Pensavo alla maternità. Ogni maternità è diversa, ricca di sfumature, di dettagli che reputiamo importanti, indispensabili, vitali, problemi insormontabili, dubbi amletici, di domande dal quale ogni volta pensiamo dipenda la sopravvivenza, nostra e di chi ci vive accanto. Eppure tutte sono state madri prima di noi. Tante lo saranno dopo di noi.

Eppure la maternità è sempre e solo una maternità, unica, speciale, ma forse meno gravosa se riuscissimo a pensare che le nostre scelte, dalle quali ora ci sembra dipendi la felicità futura dei nostri figli, sono solo piccoli tasselli che, nell’economia della felicità dei figli, incidono per quello che sono: dei piccoli tasselli.

La maternità non è niente di così speciale, se la vedi da fuori. Quante pance abbiamo visto che non ci hanno mai raccontato nulla? Quante mamme al parco o con i loro bambini per mano abbiamo incontrato nella nostra vita prima di diventare madri a nostra volta?

A me loro non sono mai sembrate speciali, solo, unicamente, delle mamme. Che nella sua semplicità è qualcosa di davvero meraviglioso.

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2 Commenti

  • Rispondi Lisa 12 Ottobre 2016 alle 12:45

    Questo articolo mi colpisce particolarmente. Anche io ho una foto di me che guardo dall’ultima stanza, praticamente la soffitta, di uno splendido ma piccolo tipico hotel inglese , a Cambridge, con la vista sul Jesus Green park. Una meraviglia intentiamoci. Autoscatto vintage che ferma quello che penso sia stato il maggiore momento di riflessione sul mio futuro. Una giovane ricercatrice italiana in carriera che iniziava a collaborare con una delle più importanti università del mondo. E ovviamente paure e ansie a gogò. Guardo oggi quella foto e penso a quanto quella ragazza era lontana dall’essere che è oggi. Non ho niente di speciale in più adesso rispetto a quella giovane donna. Sono una madre di uno splendido bambino, e il corso degli eventi, le scelte, hanno il peso specifico molte volte degli oggetti che li rappresentano nel tempo. Come un trenino dell’ovetto kinder, trovato lo stesso giorno che ho scoperto di essere incinta. Sono ferma carte dei ricordi. E ci piace il fatto che siano meravigliosamente banali, il contrario delle cose che ci accadono nella vita. Grazie!!!!

    • Ceraunavodka
      Rispondi Ceraunavodka 12 Ottobre 2016 alle 13:50

      Mi piace molto quello che scrivi, che il corso degli eventi, le scelte, hanno il peso specifico molte volte degli oggetti che li rappresentano nel tempo… era un po’ quello che volevo dire. Grazie a te per avermi capita.

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