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Vita da nonna

La settimana scorsa mia mamma è venuta qualche giorno a supportarci nella nostra incasinata quotidianità, complice anche l’abbandono della SantaNonna per un paio di giorni. Bene, sapete qual è stata la prima azione compiuta da mia madre in casa? Pulire il frigorifero, una di quelle cose, cioè, che in vita mia ho fatto tre volte, una a trasloco. Una di quelle cose che, in realtà, volevo fare da tanto ma che no, non trovavo il coraggio di affrontare.

Ora io ho un frigorifero bellissimo, talmente bello che per tutto il weekend ho avuto questa idea di organizzare un aperitivo a frigo aperto, una sorta di buffet durante il quale i commensali potevano servirsi direttamente dai freddi ripiani. Così, giusto per far vedere che anch’io avevo un frigorifero bello, profumato e udite, udite organizzato in base alla tipologia di cibo (o per colore, chissà… la divisione che ha fatto mia madre in realtà non l’ho compresa fino in fondo).

Detto questo, c’è qualcosa che non mi convince. Io ero convinta del fatto che, nel momento esatto in cui una diventava madre, tutto il know how della propria genitrice le fosse trasmesso così, all’improvviso. Pensavo che mi sarei addormentata disordinata e mi sarei svegliata con il pallino dell’ordine e della pulizia. Che avrei imparato a fare il bucato, a stirare, a cucinare e che mi sarebbe venuto pure il pollice verde. Invece niente. Figlio o non figlio la massaia che è nascosta in me continua a poltrire sotto strati e strati di gnapossofa.

E allora il dubbio mi sorge spontaneo: ma non  sarà mica che le pessime madri diventano brave mamme solo quando passano al livello successivo, quello di nonne?