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La guerra del supermercato

Ultimamente sto facendo un sacco di nuove esperienze. Cose fuori dalla mia portata tipo andare da Decathlon la domenica pomeriggio o pensare alla corsa come un’azione che anch’io potrei compiere. La cosa più folle che ho fatto però, ingenua che non sono altro, resta sicuramente la decisione di fare la spesa di sabato mattina.

Non un giorno qualunque, il sabato mattina proprio. Che tu entri e te ne accorgi subito che c’è qualcosa di strano. Troppa gente, troppi carrelli, troppe tenute antisommossa. E poi quegli sguardi terribili. È la guerra, bellezza e le protagoniste sono loro: le nonne del pranzo della domenica. Sì, quelle amabili signore che hanno figli e nipoti a pranzo il giorno dopo e che vogliono prepararsi al meglio al banchetto nuziale settimanale.

Io cerco di fare finta di niente ma loro mi si stringono intorno, mi speronano col loro destriero, mi guardano, guardano la mia spesa fatta di surgelati e glielo leggi scritto in faccia che pensano che sono un’indegna creatura del supermercato. E dei pranzi domenicali. Nemmeno gli omogeneizzati che ho in mano mi salvano dalle loro occhiate di fuoco. La creatura è ancora piccola per il pollo arrosto e io sono solo una mamma.

Loro invece sono delle nonne, regine indiscusse del fornello e hanno fretta. A nulla serve aggiungere alla tua spesa pacchi di pannolini, loro non si inteneriscono e continuano la loro barricata alla gastronomia. Sono troppe. Ci rinunci. Vai alla cassa con tre cose in mano, davanti a te un’interminabile fila di carrelli stracolmi. Provi timidamente a chiedere all’ottantenne sprint davanti a te se può farti passare sa, ho lasciato la creatura col papà. Lo sdegno sul suo volto è visibile.

Io ho paura, resto in silenzio e mi rimetto in fila. Passa qualche minuto, la sdegnata si volta, è ancora seccata ma c’è qualcosa che va al di là anche del pranzo domenicale.

Signorì, se ha lasciato il pupo col papà allora la lascio passare, si sbrighi.