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Non tutto è perduto

Però devo dire che non tutto è perduto. Un figlio cambia molte abitudini è vero, ma (onestà vuole che io ammetta) ci sono cose che temevo fortemente di perdere è invece sono ancora lì, intatte.

L’ironia innanzitutto. Ho rischiato di perderla. Durante la gravidanza ero talmente depressa che, non solo non riuscivo più ad essere ironica, ma non riuscivo più a cogliere l’ironia negli altri. E senza ironia quello è stato un periodo non proprio facilissimo. Devo ringraziare il blog se ho ritirato fuori quella vena ironica che, proprio tante volte, mi ha salvata.

Il lavoro. Quando sono rimasta incinta mi sono data per spacciata. Non capivo come una ragazza precaria potesse migliorare (o almeno mantenere) la sua condizione dopo essere diventata madre. Ora non voglio dire che la mia condizione sia migliorata ma di sicuro non è peggiorata. Sono rientrata al  lavoro relativamente presto e non sempre è facile conciliare tutto. Ma, se è possibile, sono più determinata di prima. E le mie capacità di ottimizzare i tempi sono, per necessità, decisamente migliorate.

La voglia di uscire. Anche in questo caso ho gridato alla catastrofe e anche in questo caso non dico che le cose sono sempre facili. Uscire con un Nano al seguito non è sempre è, anzi non lo è quasi mai, rilassante. Però, quasi sempre, migliora l’umore. Esco meno, a dirla tutta, ma questo dipende anche dal fatto che sto concentrando molte più energie sul lavoro, ma la voglia di farlo non è diminuita. Tutt’altro.

Il cinema. Durante la gravidanza sono andata al cinema almeno una volta alla settimana per far scorta di tutti quei film che nella mie mente malata non avrei mai più visto. E invece al cinema non tornata che Pietro aveva giusto 4 mesi. E una, due volte al mese, grazie alla SantaNonna (ma spudoratamente ho usufruito anche di qualche mia amica), riesco ad andarci. Che ultimamente (quasi) tutti i film che ho scelto di vedere sono stati una totale delusione è assolutamente un’altra storia.

La lucidità e l’obiettività di dire che tutto aveva comunque senso, che era al suo posto anche prima di Pietro. Probabilmente, però, non perfettamente al posto giusto.

 

 

 

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Back to school

Niente, sono rientrata al lavoro (come? Ah, erano applausi per me quelli? Applaudite più forte allora) cioè, proprio come le persone normali. Quasi come le persone normali. Dopo sei mesi mi sono alzata, vestita, truccata, sono salita in macchina, ascoltato musica ad alto volume ma soprattutto ho compiuto un tragitto che all’arrivo vedeva persone adulte, mediamente più giovani delle mie amiche del supermercato e con le quali intavolare un discorso che prevedesse una risposta compiuta e no un ‘nghe (giuro, non ci credevo nemmeno io ma i nani fanno davvero ‘nghe). Continua a Leggere