Quando sono rimasta incinta avevo due possibilità.
Potevo fare quello che avevo dichiarato con convinzione avrei fatto, nel caso fossi rimasta incinta, fino a due ore prima, ovvero abortire, oppure imbarcarmi in un percorso al quale non avevo mai nemmeno pensato, affermando però che, molto probabilmente, non sarei mai stata del tutto capace di adattarmi ai bisogni di mio figlio. Vivevo un rapporto di coppia precario (che in parte si è consolidato e in parte si è sfaldato, ma non ne parlerò su questi schermi) e c’era solo una cosa di cui mi fregasse davvero, anche se non lo ammettevo: me stessa.
Quanto hanno inciso queste premesse sulla mia maternità?
Moltissimo. Io non so arrendermi alla vita che capita, e non parlo di disgrazie o dolori, perché io non so arrendermi nemmeno alla felicità che succede se non sono stata io a programmarla. È stupido, lo so, ma è così.
Sentirmi in colpa, in pratica, era un destino.
Mi sarei sentita in colpa verso mio figlio, per non essere quella madre che nell’immaginario (di chi poi ancora me lo chiedo) sarei dovuta essere. In colpa verso me stessa, se avessi tradito il mio bisogno di non essere etichettata, da lì in avanti, solo come una “mamma”.
Perché scrivo queste cose? Perché oggi ho letto un commento di una persona che non conosco che scriveva che l’atteggiamento di mutuo soccorso che si è creato intorno alle cose che ho scritto in questi anni è un tentativo per assolverci tra di noi. E io dico che è vero.
Dico che questo blog, ma soprattutto aver conosciuto tante madre che non hanno avuto paura di tirare fuori il loro “disastro” interiore, mi ha salvata, mi ha insegnato ad amare mio figlio e, in parte, a perdonarmi.
Tempo fa, una persona a cui voglio bene mi ha scritto per dirmi che era incinta e che questo figlio già lo amava immensamente ma che, al contempo, si sentiva già immensamente in colpa perché sapeva che sarebbe stata una madre diversa da quella che gli altri si aspettavano.
Gli altri.
E io, secondo voi, ora scriverò che il giudizio degli altri non conta nulla? No, non lo farò. Non lo farò perché sarebbe solo vuota retorica, perché io, prima degli altri, vado cercando l’applauso da tutta la vita, perché ho paura del confronto ogni giorno, perché agli altri guardò implorando che mi si voglia bene. Però, dagli altri non ho bisogno di essere assolta perché sono l’unica a poterlo fare, insieme a mio figlio magari. Un giorno, se è quanto riuscirò ad ottenere la consapevolezza che ci vuole per accettarmi del tutto, così come sono.
7 Commenti
Spesso quando come madre mi sento in colpa o inadeguata mi torna in mente un concetto studiato ai tempi dell’università, che mi dà conforto e mi aiuta anche ad essere più obiettiva. È il principio teorizzato dallo psicanalista Winnicott della ‘madre sufficientemente buona’. In breve perchè un bambino cresca equilibrato e sereno gli basta avere una madre che si occupi di lui e dei suoi bisogni fisici e psicologici in modo sufficiente…quel tanto che basta. Se penso al mio essere madre penso proprio di andare spesso oltre quella sufficienza, anzi so per certo che è così. Questo non vuol dire che io sia perfetta, anzi!!!! Ma I miei figli non hanno bisogno di una madre perfetta, quindi va bene così. Il giudizio degli altri mi sfiora appena, semplicemente perchè non ho tempo ed energie per prenderlo seriamente in considerazione.
Buona vita.
me ne aveva parlato un’ostetrica illuminata, in un momento particolarmente difficile. Un abbraccio a te
Leggerti è bello, toccante e reale…grazie per questa condivisione così intima e piena di verità! <3
grazie a te
Ti ho trovata per caso,mentre digitavo su Google “mi sento una pessima madre”.
Sei caduta come manna dal Cielo…e mi sento meno disperata.Si oggi non ho fatto altro che piangere:la casa cade a pezzi,il lavoro aumenta e non riesco a gestirlo,il mio piccolo amore richiede gelosamente attenzioni…e io non riesco a dare tutto a tutti…e quindi neanche a lui.nessuno mi aveva detto che sarebbe stato così difficile….e io mi sento terribilmente in colpa.Un abbraccio
tieni duro: è difficile ma è solo questione di tempo perché poi resta difficile ma meno di così e pian piano ci si fa l’abitudine e si impara anche a perdonarci qualche pezzo perso per strada
Ciao sono alla tredicesima settimana, ho 46 anni come te, e solo da due settimane cerco di godermela. Prima erano le nausee e i sogni che facevo. Diventavo un airone e volavo via oppure (complice anche sensazione post covid) entravo in un ascensore, non decifravo i bottoni e poi le porte si chiudevano e sparivo giù nel buio. Uno spasso insomma. Eppure il compleanno scorso mi sentivo così vecchia e ho urlato che era ora di fare un figlio. Bello leggerti sono proprio contenta!