Si parla tanto di sicurezza in auto dei nostri figli. E poi c’è anche chi fa qualcosa di concreto. Michele Servalli* è il CEO di Remmy, dispositivo “intelligente” che segnala gli spostamenti dei più piccoli in auto “parlando per loro” in caso di pericolo. Compatibile con ogni tipo di seggiolino e di auto, Remmy si monta facilmente (pensate che ci sono riuscita anch’io) e la sua funzione, semplice quanto utile, è quella di avvisarti se il tuo bimbo si sposta dal seggiolino e di ricordarti che il bimbo è ancora in auto allo spegnimento della vettura. L’idea parte da una semplice, quanto fondamentale, presa di coscienza e dalla consapevolezza di non essere infallibili.
Per questo non dite mai: “Ma a me non capiterà“.
Michele, cosa facevi prima di diventare il CEO di Remmy?
Mi occupavo di consulenza direzionale, e lo faccio ancora, anche se in questo momento l’attività operativa per Remmy ha un peso piuttosto importante nella mia giornata. Sono uno dei partner di una società di consulenza, Teikos Consulting, che tra le tante attività si occupa proprio dell’assistenza a start-up. Nel caso di Remmy, di fatto, faccio esattamente le stesse cose che ho fatto per altri clienti; l’unica differenza è che in questo caso sono coinvolto anche a livello societario essendone co-fondatore.
Da cosa nasce l’idea di questo dispositivo?
L’idea è nata in due momenti diversi, da due persone diverse; io l’ho pensato a maggio del 2008 e Carlo Donati, mio collega di Teikos, a giugno 2013 appena sentita la notizia del caso di Piacenza. Entrambi siamo persone curiose ed intraprendenti che di fronte ai problemi si ingegnano per trovare delle soluzioni praticabili. Il fatto che questa idea sia venuta ad entrambi nel momento in cui avevamo bimbi piccoli (la mia aveva 3 anni e mezzo nel 2008 e il bimbo di Carlo 1 e mezzo) non credo che sia casuale. E quando Carlo a giugno entrò nel mio ufficio dicendomi: ”Michele, hai sentito che è successo? Ma possibile? Basterebbe un semplice strumento che suona nel momento in cui spegni l’auto” mi si è raggelato il sangue! Erano passati 5 anni da quando avevo avuto la stessa idea e l’avevo messa nel cassetto; a quel tempo ero troppo impegnato in altri progetti e mi ero rasserenato pensando che a me non sarebbe potuto succedere perché con me ho sempre la borsa del pc che per comodità posiziono dietro al mio sedile e dunque…
In questi 5 anni in Italia sono morti altri tre bambini; negli Stati Uniti addirittura circa 200! E chissà quanti altri nel mondo. Per questo io e Carlo quel giorno di giugno ci siamo guardati e abbiamo deciso che avremmo dovuto fare qualcosa di concreto. Una volta appurato che non c’era nulla sul mercato per prevenire certe situazioni di pericolo, che nessuna delle case che producono seggiolini né si erano mosse né erano interessate a farlo, ad agosto abbiamo deciso che non potevamo rimanere con le mani in mano e ci siamo buttati anima e corpo in questa avventura. E il 4 novembre 2013 Remmy era disponibile per tutti! L’idea di per sé è molto semplice; pensa che quando ad agosto 2013 abbiamo iniziato le pratiche per la domanda di brevetto, ne abbiamo trovata una del 2004 presentata negli Stati Uniti. Un dispositivo che in linea di massima ha lo stesso principio di funzionamento ma che fu poi abbandonata. Ho trovato oltre 30 domande di brevetto a partire dal 2000, ma nessuno che si sia spinto oltre l’idea, il prototipo. Se abbiamo un merito, credo che sia quello di non esserci fermati davanti alle difficoltà ma di essere andati oltre per dare l’opportunità a tutti di aumentare la protezione dei propri bimbi in auto.
Come si può lasciare il proprio figlio in macchina. Questo ci ripetiamo ogni volta che leggiamo un simile fatto di cronaca. Secondo te come può succedere?
Guarda, la prima reazione a notizie del genere è sempre “di pancia” del tipo: “Ma come ca….volo è possibile dimenticare un figlio in macchina, ma dove hanno la testa certe persone”. Credo sia una reazione umana e comprensibile. Poi però, se si è sufficientemente intelligenti e non si ha la presunzione di essere infallibili, è necessario che intervenga “la testa”, e dobbiamo iniziare ad usare il cervello. Basta informarsi, documentarsi per capire che il fenomeno per il quale accadono certe cose non dipende da noi, da quanto siamo amorevoli e premurosi verso la sicurezza dei nostri bambini. Non lo dico io, ma decine e decine di esperti psichiatri e psicologi che in pratica ci rammentano che il cervello è una macchina meravigliosa, ma non infallibile. E ci ricordano che certi fenomeni per i quali dimentichiamo qualcosa, o facciamo qualcosa in automatico, senza porre particolare attenzione, capitano a tutti quotidianamente; in genere si risolvono senza conseguenze ma, in determinate circostanze particolarmente sfortunate possono trasformarsi in tragedie. In macchina, quando guidiamo, accade esattamente lo stesso; nessuno di noi “pensa“ a guidare, alla frizione, all’acceleratore … Entriamo in una sorta di ipnosi verso la meta. Sarà capitato anche a te immagino, di arrivare a destinazione senza esserti accorta del viaggio, perché impegnata a pensare ad altro …. Arrivi a destinazione e ti dici: “beh?! Già arrivata? Ma quand’è che ho passato quella rotonda? E quel semaforo?”. Tranquilla, è capitato alla maggior parte delle persone. Bene e se in una situazione analoga magari succede che il bimbo si addormento? O quel giorno è particolarmente silenzioso? Si, sono convinto che possa capitare a tutti, in qualsiasi circostanza. Gli esperti dicono che lo stress, la fretta, può aggravare la cosa, ma abbiamo testimonianze di persone a cui è successo anche la domenica mattina andando a messa, o al mare, in vacanza. Una recente statistica dice che quasi il 25% delle persone intervistate ha dichiarato che anche a loro è successo; magari solo 20 secondi, pochi passi, e che tutto si è risolto in un grande spavento. Ma è successo a quasi il 25% delle persone! (http://www.safekids.org/press-release/new-study-14-parents-say-they-have-left-child-alone-inside-parked-vehicle-despite).
Dicevo, la prima reazione naturale è “di pancia”, poi deve intervenire “la testa” ma la scelta deve essere fatta “con il cuore”: e la scelta giusta è quella di fare tutto il possibile per proteggere i nostri bimbi, anche dotarsi di un dispositivo come Remmy, sperando di non averne mai bisogno.
Tua figlia ha cambiato il tuo approccio al lavoro?
Direi proprio di no. Ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace, mi appassiona. Ogni progetto è una sfida che affronto con la stessa energia e determinazione. È quello che sto cercando di insegnare a mia figlia: se fai una cosa, dai il meglio di te. Solo così potrai essere soddisfatta, a prescindere dal risultato ottenuto. Per me è così, mi dà più fastidio sapere che non ho dato il massimo per ottenere un risultato piuttosto che non avere raggiunto il risultato stesso. Credo che questa sia l’unica maniera maniera per imparare degli errori. Perché tutti siamo sempre migliorabili, Non trovi?
Dimmi la verità, sei anche tu “una pessima madre” o questo ruolo lo riservi per tua moglie?
In effetti sono una “pessima madre”, forse perché sono concentrato a cercare di essere un buon padre! Lo dico sempre: “Sono certo che non farò mai gli errori che credo abbiano fatto i miei genitori con me. Ma sono altrettanto certo che ne farò degli altri!”. Fare il genitore è un “lavoro” terribilmente difficile; il nostro compito è fare il meno errori possibili con gli strumenti che abbiamo. E avere la consapevolezza di avere dei limiti ci permette di guardarci attorno per cercare nuovi strumenti che possano aiutarci in questo compito. Accettare che non siamo infallibili è il primo passo per poterci migliorare e fare tutto il possibile per la sicurezza e il benessere dei nostri cuccioli. Tutto il possibile …
* sì, è vero Michele non è una mamma. Però non vi sembra interessante quello che ha da raccontare? E allora concedetemi questa rara eccezione.
2 Commenti
Super furbo e lo cercavo pure. Coincidenza pura Lucrezia. Ne ho parlato questa mattina con un’amica …. parlavamo del fatto che siamo sempre di corsa e a volte facciamo le cose e non ci rendiamo conto di averle fatte. Il caso di Piacenza è stato un punto del nostro discorso. Non so perché l’ho ricordato. E’ successo e basta. Ci dicevamo non bisogna giudicare ma pensare che se ci capita di non ricordare come siamo arrivati qui oppure come abbiamo potuto mettere una cosa in un posto e non in un altro e non te lo ricordi proprio devi iniziare a pensare che il cervello può anche avere uno stallo e se quello stallo succede con tuo figlio allora la conseguenza può essere grave. Quindi facciamo girare questo aggeggio tanto piccolo quanto utile.
sì, sono molto, molto, molto d’accordo con te!