Le interviste

Le notti in bianco e i baci a colazione di Matteo Bussola, un papà che si racconta sul web

Qualche sera fa ho incontrato Matteo Bussola in occasione della presentazione del suo libro organizzata da Circolo dei Lettori di Perugia. Sì, quel Matteo Bussola di “Notti in bianco, baci a colazione“, edito da Einaudi in cui lo scrittore racconta attraverso dialoghi, pensieri e spaccati di quotidianità, con ironia e uno sguardo acuto, la sua paternità. Un libro che raccoglie deliziose riflessioni su cosa significa avere un figlio in tempi dominati dall’individualismo.Lui, architetto quarantenne, che oggi disegna per Bonelli, di bimbe ne ha tre, Melania, Ginevra e Virginia, avute da Paola (la vera scrittrice di casa come la definisce lui), sua compagna di genitorialità e di vita. Il “caso Bussola” nasce sul web dove, sul suo profilo Facebook, è riuscito a coinvolgere con i suoi post in cui raccontava la sua quotidianità, quella della sua famiglia, ma anche quella del suo lavoro e della realtà che lo circonda, qualcosa come 300.000 persone. Post che oggi sono racchiusi in un libro che è un piccolo gioiello di tenerezza, poeticità e magia di sentimenti.

Matteo, partiamo da quella lettera a Fedez, l’inizio di tutto…

Sì, Virginia, la mia bimba più grande ad un certo punto si è svegliata innamorata di Fedez e, sorvolando sul dolore che ad un padre questa cosa può dare, ha iniziato a chiedere a me e a sua mamma Paola un suo autografo. Per ottenerlo ho deciso di sfruttare la “forza” del web e un sabato mattina mi sono messo a scrivere questa sorta di lettera aperta nella quale proponevo al cantante uno scambio: un mio disegno di uno dei suoi personaggi preferiti in cambio del suo autografo per mia figlia. Il web, ma anche il mondo dello spettacolo, si è mobilitato e non solo Virginia ha ottenuto ben tre autografi, ma quel post è stato letto da un editor di Einaudi che mi ha poi contattato per il libro.

Notti in bianco, baci a colazione evidenzia le gioie della paternità. In un mondo così egocentrico e votato al successo spunti tu che ami definirti “padre” prima ancora che uomo, fumettista o scrittore…

Diciamo che la definizione di padre è quella che racchiude un po’ tutte le altre. Non mi sento una persona speciale perché presto attenzione e cure ai miei figli, lo faccio con amore ma anche perché lo trovo normale. La verità è che ci hanno detto un sacco di bugie sui ruoli e sulla genitorialità che, fino a poco tempo fa, si pensava fosse esclusivamente appannaggio delle donne. Non è così e pian piano ci si sta rendendo conto che un uomo parte attiva nell’educazione dei figli o nella gestione della casa non è affatto un alieno.

Mi ha sorpreso una cosa: a differenza di tante mamme che scrivono sul web e che si sentono “sotto assedio”, tu non ti lamenti mai.

Le mamme, secondo me, fanno benissimo a lamentarsi perché non hanno scelta, perché loro devono esserci, perché in parte sono vittime di alcune imposizioni e stereotipi. Proprio per questo il nostro compito, importante, è quello di esserci, anche nei primi mesi dei figli perché non è affatto vero che, nei primi periodi, siamo solo degli accessori.

Essere padre, dici, è anche un’esperienza crudele…

Sì, lo è. Ad un certo punto mi sono reso conto che stavo rischiando di perderci qualcosa per sempre se per lavoro, per necessità, per volontà o per altro non mi fossi dedicato pienamente alle mie figlie che avranno due anni, cinque anni, otto anni solamente una volta nella vita. E io voglio esserci.

Nel tuo libro non si parla solo di paternità, ma in generale della tua vita. È tutto vero quello che racconti?

Assolutamente sì. Il libro nasce dai post che io scrivevo su Facebook come fosse il mio personale diario dove, va detto, scrivevo ancor prima delle mie figlie, dove racconto quello che vedo e ora quello che vedo sono le mie figlie e la mia famiglia. Uso la paternità come filtro ma non parlo solo di questo. Ora, ad esempio, che sto viaggiando tanto, scrivo spesso di treni e di incontri che sono, se si sanno cogliere, delle belle opportunità. bussola3

Nel libro si parla anche di pregiudizi e di sogni che si possono realizzare. Inseguire il tuo ti ha portato ad essere da impiegato comunale a disegnatore della Bonelli. Dove hai trovato il coraggio di fare questo salto?

Poco dopo che ho saputo che Paola era incinta ho preso questa decisione. Non so spiegarti secondo quale serie di incastri il mio cervello abbia agito, credo di aver pensato che avrei voluto crescere mia figlia insegnandole che i sogni vanno rincorsi e afferrati. Quando mi sono licenziato a 35 anni con una figlia in arrivo ho abbandonato un lavoro bello e gratificante che si era trasformato in qualcosa che non mi appagava più. È stato a quel punto che ho deciso di seguire il mio sogno nel cassetto.

bussola1via, per una volta che in foto vengo bene fatemela mettere

Matteo, solitamente alle mamme che intervisto chiedo se almeno una volta a settimana si sentono un po’ pessime madri. A te capita mai?

Sì. Per questo cerco di imparare da ogni giorno, ma soprattutto cerco di fare in modo che ciò che imparo mi porti ad essere un pochino meglio di quello del giorno prima. Perché crescono i figli, ma possono farlo anche i genitori

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2 Commenti

  • Rispondi Priscilla 17 Marzo 2017 alle 14:58

    Ciao, bell’intervista! Avevo sentito parlare del libro ma non vi avevo prestato molta attenzione.
    Ora invece, grazie alla tua intervista, l’ho messo nella mia wish-list. E chissà magari riuscirò a farlo leggere anche dal mio compagno…

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