C’è una frase (che di solito trovate scritta sulle pareti delle sale travaglio) che, ricordo, la prima volta che l’ho letta mi aveva colpita molto: “Quando nasce un bimbo nasce anche una mamma“.
Le sentite le risate levarsi dall’ultima fila? Ecco, sono le mie, ogni volta che adesso mi capita di leggere quella frase scritta da qualche parte.
Quando ero incinta mi dicevano che appena partorito, vedendo mio figlio, tutto sarebbe cambiato, che la fatica non mi sarebbe più pesata perché l’amore avrebbe mitigato tutto il resto. Mi raccontavano questa cosa e io ascoltavo, e mi domandavo come potesse accadere questo miracolo e non ci credevo, però un po’ ci speravo. Inutile dire che quando è nato mio figlio, colcazzo che in quel momento sono diventata mamma.
Niente colpo di fulmine, niente illuminazione che cancella con un colpo di spugna fatica e preoccupazione, niente gioia infinita che ti fa dimenticare tutti, ma proprio tutti i dolori del parto. Niente spirito di maternità che ti investe di una visione nuova della vita e del mondo.
La verità (mia) è che per diventare mamma ci vuole tempo, non ore, né giorni, ma mesi, nel mio caso anni. Ci vuole tempo per conoscere il nuovo arrivato, quell’esserino che, oltre al tuo amore, adesso si sta prendendo anche tutto il tuo tempo, la tua energia e il tuo sonno. Ci vuole tempo per conoscersi e riconoscersi in questo nuovo ruolo, per prendere le misure, per capire cosa ci piace e cosa proprio non sopportiamo dell’essere madri. In cosa siamo brave, perché vi assicuro che in qualcosa siete brave, e cosa non ci riesce affatto e allora, magari i nostri figli non mangeranno mai biscotti fatti in casa appena sfornati per merenda, ma chi se ne frega.
Ci vuole tempo per lasciarsi contagiare dall’amore di un figlio che, all’inizio, è solo pretesa di attenzioni. Nuove routine. Nuove azioni. Nuove sensazioni. Ci vuole tempo per instaurare un rapporto con qualcuno che è nostro figlio, ma comunque pur sempre un individuo a sé.
Ci vuole tempo per capire, ad esempio, che a me accudire un neonato non piace affatto, ma adoro ascoltare rapita la visione del mondo di un bambino di quattro anni. Le sue domande esistenziali. La sua curiosità verso quello che ancora non sa, ma brama di conoscere. La sua smania di avere risposte. Adoro le sue facce buffe. Il suo piangere, arrabbiarsi, essere felice sempre con criterio. Adoro relazionarmi a lui, spiegargli il mio punto di vista.
Adoro essere contagiata dal suo entusiasmo e dal suo di punto di vista. Rimettere in discussione una parte di me stessa per lui. E poi, magari, arrivare alla conclusione che non c’è proprio nulla da mettere in discussione, ma intanto averlo fatto. Per un buon motivo.
Ci vuole tempo per imparare a conoscersi nuovamente, riconoscere i propri limiti, accettare le proprie imperfezioni e scoprire che essere madre è qualcosa di molta diverso da quello che finora avevi pensato fosse. Ci vuole tempo e poi all’improvviso succede. Che ritrovi un equilibrio, seppur precario, che include anche la maternità alla quale non guardi più con diffidenza, ma che ormai fa parte di te, naturalmente.
Succede che lontana da tuo figlio sai ancora starci, ma stavolta ti è mancato in modo feroce.
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