Blog

Ho trent’anni e mia nonna mi ricatta

Ho trent’anni e mia nonna mi ricatta. Ho un lavoro precario e con prospettive nebulose (a volerci andare leggeri) e mia nonna mi ricatta. Sono single e con la stessa possibilità di avere di una relazione pari a quella che ha il telescopio Hubble di scoprire che dentro un buco nero c’è un omino con una torcia che cerca l’interruttore della luce e mia nonna mi ricatta. Quella dolce vecchina, che ha smesso di contare gli anni grossomodo da due decenni e spiccioli, ogni volta che torno a casa – già, vivo e lavoro da un’altra parte – mi guarda fisso e mi sgancia in faccia un autotreno: “Quando fai un figlio? Io sto per morire, manca poco, e vorrei vederti sposato e con i bambini prima di morire”.

Esatto: mia nonna mi ricatta.

Intendiamoci, mia nonna non lo fa con cattiveria. Ma è un mattone comunque. Perché diciamocelo, così me lo ricordo: tutti hanno un figlio, tranne me. O quantomeno sono sulla strada giusta. Li vedi, gli amici di una vita e del paese, alle prese con la loro relazione super stabile e pluriennale e il loro personalissimo cucciolo d’uomo da allevare. E fotografare come i fondi a pioggia per postarlo su Instagram e Facebook e tutto quello che c’è. Orgogliosissimi e fieri, con quei mini calzettini e le tutine e la prima neve.

E io che sulla scrivania ho un puppet di Superman e uno di Groot e un bicchiere dove raccogliere il resto dei caffè. Loro con il passeggino e il pupo col berretto, io con i dischi rap e i libri. Loro con le foto di coppia girati di trequarti, io con il giro di nera da fare.

Loro con la mamma che è appena diventata nonna, io con la mia, di madre, che dalla disperazione ha preso un gatto. Si chiama Lillo, è il nuovo cucciolo di casa.

Mio fratello è troppo grande ormai, non conta più. Loro con il pupo che delira nel cuore della notte, io con la radio il mercoledì. Loro con i pannolini radioattivi da cambiare con la maschera antigas, io con i vestiti ancora ammucchiati su una sedia. E mia nonna che mi ricatta ogni volta che mi vede.

 

*Questo post è stato scritto in una uggiosa domenica da un mio collega, maschio e precario di trent’anni, che potrei essere io qualche anno fa. Diciamo tre e mezzo quando, cioè, sono rimasta inaspettatamente incinta.

Precedenti Successivi

Potrebbe Interessarti:

Nessun Commento

Lascia un Commento