Mio figlio ha l’arrampichite. Arrampichite creativa, direi. Qualsiasi piano orizzontale per lui diventa punto d’appoggio per arrivare un po’ più in alto. L’altra sera, dopo aver meticolosamente, tolto tutti i libri dalle scaffale delle libreria, ha iniziato la scalata verso il vaso di fiori. Che era nell’ultimo ripiano ovviamente.
Allora gli ho chiesto se era alle stelle che voleva arrivare. Mi ha risposto di no. “Fino alla luna?” l’ho incalzato e lui ha iniziato a battere le mani contento. Ho pensato che fosse per il fatto che noi la “nuna” la conosciamo bene, ce l’abbiamo proiettata sul soffitto della camera bella sorridente.
La luna, poi, a guardarla da quaggiù ha pure una faccetta simpatica. Lascia stare che, da vicino, sono solo crateri.
Ho iniziato a riflettere sul fatto che la scelta di voler arrivare alla luna invece che alle stelle potesse avere un senso. “Sulle stelle si sta scomodi, pungono“. Mi ha detto il Coinquilino. “E poi dalla luna le vedi tutte le stelle“.
Sì, ma dalla stelle le vedi ugualmente le stelle e ti resta pure l’illusione che la luna abbia una faccia buffa invece che degli orrendi crateri. No, io preferisco una stella. Durerà meno ma è più luminosa. Stavo per addormentarmi tranquilla sulla mia stella quando mi sono ricordata che fra due giorni è San Valentino.
“E se, per sbaglio, mentre me sto appollaiata su una punta della stella, il mio ex mi regala alla sgallettata di turno?”
“No, meglio stare sulla luna e non correre di questi rischi” ho detto a Pit che dormiva. E voi smettetela di regalare stelle per San Valentino. Lassù, magari, c’è gente che se ne sta appollaiata a guardare la luna.
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