Ho accettato di lavorare per un po’ lontana da casa. Parliamo di una lontananza relativa e di un tempo piccolo, però per i prossimi quindici giorni sarò nelle Marche.Torno a casa, dalla mia mamma e dal mio primo, grandissimo, amore: la redazione. Un periodo di prova, diciamo, che non so davvero come andrà e cosa mi porterà, ma che accettato di fare nonostante avessi la consapevolezza che è una scelta giusta solo per me. Quando me l’hanno proposto, prima di rispondere, mi sono domandata che cosa avrei fatto se mi fossi trovata nella stessa situazione senza avere un figlio.
Naturalmente la risposta che mi sono data è che avrei dovuto provare, perché era la cosa più giusta per me. Come professionista. Come donna. Come persona.
Non credo però che sia la cosa più giusta che io possa fare come madre. Non credo che Pit, per quanto abituato sia, sarà felice di non avermi accanto. Non credo che la responsabilità che ho nei suoi confronti si traduca in questa mia scelta. Però lo faccio ugualmente. Lo faccio per me. E mi sento in colpa, mi sento in ansia, mi sento stronza, ma lo faccio ugualmente. Per me.
Se dovessi trovarmi un alibi direi che lo sto facendo per mio figlio, perché per essere una buona madre devo innanzitutto essere una donna appagata. Realizzata. Libera da frustrazioni. Ma la verità è un’altra, la verità è che lo faccio per me, perché non sono capace di rinunciare a me stessa, alle mie ambizioni, alla mia felicità che no, non sempre va a braccetto con l’essere madre, non sempre riesce a venire a patti con quella che è la mia vita oggi.
Ho sempre pensato che un rapporto di coppia avesse senso solo nel momento in cui la complicità di cui si è capaci ti rende in grado di capire che non si può essere un limite per l’altro. Una coppia, per me, ha senso solo se l’esserlo è valore aggiunto per il singolo che, pur avendo una persona accanto, può continuare a crescere, sperimentare, cadere, provare. Anzi, può farlo proprio perché l’altro (o l’altra) gli è accanto e gioca con lui nella stessa squadra (e passatemi l’esempio fanciullesco). Ho sempre pensato (anzi, gliene devo dare atto, me lo ha insegnato un mio ex) che l’egoismo, inteso come prendersi cura di se stesse e curare i propri spazi, il proprio lavoro, le proprie passioni, le proprie amicizie sia l’unica chiave del successo di una coppia. Oggi mi trovo a pensarlo anche per quel che riguarda la maternità.
Non pretendo di fare sempre la scelta più giusta per mio figlio, non sono ancora in grado di fare la scelta giusta nemmeno per me, figuriamoci. Pretendo però di poter sbagliare, anche come madre, pensando di fare la cosa giusta per carità, ma pur sempre sbagliando. Credo che il diritto di sbagliare debba diventare costituzionale per ogni mamma, che merita come ogni persona le attenuanti generiche dovute a qualsiasi pulsione umana.
Inutile ripetere che una mamma è prima di tutto una donna, che c’è un lavoro, una passione, una dedizione che non può essere rinnegata o messa sempre al secondo posto. Che essere una buona madre per me non è solo esserci, ma crescere e superare i propri limiti. Inutile ripeterlo, ma io lo faccio.
14 Commenti
Io, lo sai… ti appoggio a spada tratta.
Il primo impegno deve essere sempre e comunque verso se stessi.
Già. Ma il senso di colpa è lì. Che spinge e preme e riempie tutto, a volte. A volte riesci a lasciarlo andare.
Nessuno può giudicare nessuno. E non giudicare te stessa. Tu sei quella persona e negarti non ti farebbe essere felice, figuriamoci essere felice come madre. Non c’è un modo giusto e sbagliato di vivere e di essere madri. Quindi, stai serena che sicuramente sarà la scelta giusta !
Grazie. Davvero. Un abbraccio
Mi unisco alle altre, soffoca il senso di colpa e vai avanti sicura nella tua scelta
Alterno momenti di euforia a momenti di depressione, ma ce la faccio.
Lo capisco totalmente il senso di colpa che assale. Ma ti assicuro che, per esperienza con figli più grandini, non c’è niente di ciò che faremo che non possa far generare in noi quel senso di errore che si sta commettendo, niente proprio.
Ma fattelo dire: andare a lavorare, tra l’altro per così pochi giorni, lontana da un figlio, non è un errore, ma è solo sensato e giusto. Cioè non devi nemmeno crearti alibi…è solo normale che fai il tuo lavoro, dove esso ti porta. Non stai abbandonandolo ma stai utilizzando le tue doti e prendendo le opportunità. Credimi. Non devi avere nemmeno un briciolo di sentimento di colpa.
eheh… grazie… ne ho bisogno, ma il senso di colpa c’è. Però lo faccio lo stesso.
Se al posto tuo ci fosse un uomo, un padre, beh a nessuno sfiorerebbe il pensiero che la tua possa essere una scelta sbagliata.
Sarebbe semplicemente normale: tutta la famiglia fa dei sacrifici per una sacrosanta crescita professionale.
Ne è piena l’Italia di padri che tornano a casa solo il fine settimana, giusto per fare un esempio. E non fanno notizia.
Anzi forse un padre che rinuncia a un’occasione perché non vuole stare lontano dal proprio figlio per 15 giorni viene additato come un “mollacciotto” o peggio uno che non ha voglia di far nulla.
Con noi donne la cosa si ribalta. Sempre. Anche se i figli di anni ne hanno 18.
Quindi parti e fai quello che devi fare.
Pit ha un babbo che si prenderà cura di lui 🙂
In bocca al lupo!
Carla
http://vedogente.blogspot.it/
Crepi… ripeto, voglio fare il padre da grande!
Io mi chiedo quasi tutti i giorni come posso fare per nascere uomo nella mia prossima vita! 🙂
In bocca al lupo per questa nuova esperienza e al diavolo questi maledetti sensi di colpa che avvolgono in continuazione la vita di noi mamme!
Crepi. Un abbraccio
Le mamme che lavorano sono un intreccio di forza di volontà e sentimento, la tenacia con cui teniamo in vita la nostra identità professionale è di per sé una lezione di vita. Questo pensiero, l’eredità che mi ha lasciata mia mamma, mi spinge avanti ed allegerisce i miei conflitti, i miei sensi di colpa se vogliamo definirli tali, a volte.
Hai ragione, anche se non è sempre semplicissimo ricordarsene 🙂