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E voi, dov’è che vi sentite a casa?

Quando facevo l’Università c’erano giorni in cui avevo la necessità di fuggire da Perugia per tornare a casa.

Dopo un weekend di quelli feroci, dopo l’ennesima batosta ricevuta dall’ennesimo stronzo o semplicemente quando mi prendeva quella tristezza profondissima che ogni tanto mi toglie il fiato. Prendevo la macchina, senza dover chiedere il permesso a nessuno, e guidavo in silenzio. O con la musica a tutto volume. Scappavo in cerca di casa. Arrivavo dai miei, respiravo un po’ di silenzio, chiudevo a chiave i pensieri l’adrenalina fuori dalla porta e mi riposavo. Dormivo.

Per cinque minuti mi sentivo a casa.

Poi di nuovo quel senso di incompletezza, di nuovo quella smania di non sentirmi a casa. Telefonavo alle mie amiche e dicevo: “Torno, sto meglio, è passata. Mi sono ricaricata“. Perugia è stata a lungo casa mia. È la città in cui ho scoperto tutto di me, che mi ha accolta e coccolata, che ho vissuto senza aver paura di nulla, riempiendomi gli occhi della sua bellezza e la testa dei suoi rumori. Della sua musica. Per anni mi sono sentita una conquistatrice, dei suoi vicoli, delle sue piazze, dei suoi locali. Delle persone che l’abitavano.

C’erano quei momenti di pace, frequenti, in cui mi sentivo a casa e tutto andava bene. Momenti frequenti che pian piano sono diventati una vera rarità.

Ho cambiato casa da poco, una casa che ho amato, ma di certo non come la precedente, quella delle feste, dell’indipendenza, del faccio quello che mi pare, del mi lecco le ferite da sola. Né come quella ancora prima, quaranta metri quadrati in centro da dividere con la mia amica, duecento scalini e un lucernario che non ci lasciava mai dormire in pace fino a tardi. O come la prima casa che ho abitato che non fosse quella dei miei, quella che abbiamo vissuto prima in tre, poi in quattro, poi in cinque, in cui ho conosciuti gli amici che sono stati per tanti anni la mia famiglia. Quelli che sono i miei amici ancora oggi.

Quelli con i quali a ben pensare, quando ci troviamo a cena insieme, ricordando gli ultimi dieci anni di vita, ritrovo quell’attimo di serenità in cui penso di essere a casa.

C’è chi dice che casa è ovunque ci sia la propria famiglia. Ma la famiglia qual è? Quella di origine, quella acquisita o qualsiasi unione che abbia generato un figlio? A volte me lo chiedo, a volte vorrei essere là, a volte qua. Raramente però sono dove vorrei essere. Non credo c’entri la felicità, non c’entra l’amore, c’entra  essersi divisi in tanti affetti e tanti luoghi e la consapevolezza che non saranno mai quei luoghi a farti sentire a casa. I momenti, le occasioni vissute appieno, forse.

Ecco, casa mia è tutto questo.

E questa è l’ottava tra le #DieciCoseCheAvevoDimenticato: che sono le persone, non i luoghi, a farmi sentire a casa. Capita anche a voi o, invece, voi ce lo avete un posto dove vi sentite “arrivati”?

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