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Per poter ripartire? Bisogna tornare indietro a cercare le (proprie) radici

Sono nata e cresciuta in un piccolo paesino, ma io l’ho sempre chiamata città perché così mi è stato insegnato (è una citazione che solo noi nati in quel piccolo paesino e qualche studioso di letteratura del ‘900 può capire. Se vi interessa approfondire leggetevi Dolores Prato).

Dunque dicevamo, sono nata e cresciuta in un piccolo paesino e, chi mi conosce lo sa, sono molto orgogliosa delle mie radici.

Non ho mai pensato di scappare, eppure l’ho fatto e, ogni giorno me ne rendo conto di più, probabilmente l’ho fatto proprio per avere un posto in cui tornare.

Se mi guardo indietro trovo un posto che amo, che mi ha fatto crescere felice. Che mi ha insegnato il valore delle tradizioni, del sentimenti di attaccamento alla propria casa, alla propria famiglia. A mia sorella. A mio fratello. Che sono un porto sicuro nonostante le divergenze.

Nascere e crescere in un quel posto mi ha insegnato che “anche il piccolo borgo ha le sue stelle” e che quando le rivedi, a distanza di anni, le scopri molto più luminose di come le ricordavi.

Ecco che cosa avevo dimenticato: che nessuna grande città sarà mai abbastanza bella, perché di notte, nella grande città, le stelle non si vedono.

E che dalle radici non si scappa perché se vuoi guardare avanti devi prima tornare indietro e fare pace con quello che ci trovi dietro di te. Per me non è mai stato difficile tornate indietro ma ora so che è indispensabile.

La quinta tra le #DieciCoseCheAvevoDimenticato in realtà non l’avevo mai del tutto dimenticata perché le radici, da dove vengo, sono davvero quello che mi tengono in piedi.

 

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