Le interviste

Ci sono mamme con le palle e poi c’è The Queen Father

Se il nome di Marco Platti vi dice poco, sono sicura che, invece, molte di voi conoscono The Queen Father, un blog di successo che definire ironico e divertente è davvero riduttivo.  Nel suo blog Marco, 38enne romano trapiantato a Londra, racconta la sua quotidianità di papà full time. Un marito sempre fuori per lavoro, un nano di nome Gabriel e l’essenza di una quotidianità vissuta col sorriso sono gli ingredienti di pagine scritte per raccontarsi, divertire ma anche, e soprattutto, per abbattere stereotipi e pregiudizi legati ad un tipo di famiglia non convenzionale.

Iniziamo dalla vodka. Il tuo è uno di quei casi nei quali si può essere “mamma” senza rinunciare a nulla, o quasi. Mi racconti com’è andata l’attesa di Gabriel?

Guarda, “senza rinunciare a niente”? Adesso vengo lí e ti do una capocciata. Ovvio, non posso parlarti di secchezza vaginale e capezzoli purulenti, e forse nemmeno dell’abbattimento fisico che consegue ad un parto, però diamine se posso parlarti di depressione, senso di isolamento e rinunce! L’attesa per Gabriel è durata 3 anni, qualcosa che solo chi non può concepire in maniera tradizionale e deve ricorrere a metodi alternativi può capire. Per me è stata una lunga gravidanza emotiva, piena di ottimismo, delusioni, speranze, tristezza e tensioni. Uno non arriva a soffrire di gastrite nervosa per nulla! Però, grazie alla scienza, alla legislatura di paesi progressisti ed avanzati ed all’aiuto di persone eccezionalmente generose ed umane, ci siamo riusciti ed il nostro bambino è arrivato. Con buona pace della mia vita precedente.

E dopo niente baby blues portato donato tanto simpaticamente dagli ormoni per te?

Cheeeee? Io potrei scrivere i 4 Vangeli del baby blues! Il mio non è stato di natura ormonale, ma circostanziale. Trovarsi da solo (mio marito viaggia più del Papa per lavoro…), senza il supporto della famiglia (troppo lontana) in una grande città come Londra, con un neonato, mi ha reso preda di ansie e paranoie che non credevo potessi provare. Il senso di responsabilità, la privazione del sonno, l’impossibilità di ritagliarmi un po’ di tempo per me che non fosse ‘dormire’. È stata dura. Non credo di dover spiegare oltre. La mia è un’esperienza comune.
Qual è l’iter al quale si ricorre per avere un figlio da madre surrogata?
 A riguardo ho scritto un post molto esaustivo “Maternità Surrogata, una ricetta di famiglia” che copre ogni aspetto tecnico della questione. Il punto di origine è la voglia, il bisogno, l’impulso umano di procreare e di dare amore ad una parte di noi che non è raggiungibile tradizionalmente. Poi è doveroso precisare che non è la coppia a scegliere la madre surrogata, ma lei stessa a scegliere la coppia che vuole aiutare. Il resto è Ricky Martin.
Quand’è che avete deciso di ricorrere a questa soluzione? C’è stato chi dei due, più dell’altro, sentiva il bisogno di genitorialità?
 Ne abbiamo parlato ancora prima del matrimonio. Io non mi sentivo pronto, ero un ragazzino. Il mio futuro marito invece aveva già le idee chiare, ma mi ha dato tempo di maturare e maturare nell’idea (che è una grossa prova d’amore, dal momento che molte coppie ‘scoppiano’ proprio a causa della questione “figli sí, figli no, figli quando”).
La maternità surrogata rappresentava un iter complesso, ma comunque perfetto per noi.
Io ci ho messo un bel po’ ad innamorarmi di mio figlio. Troppi dolori, complicazioni, doveri. Èsuccesso così anche a te?
Io non credo che sia sempre amore a prima vista (o a prima righetta sul test di gravidanza). Quando nasce un bambino, nasce anche un genitore, e spesso serve tempo per mettersi comodi all’interno di questo nuovo, enorme ruolo. Nessuno ti prepara per la persona che stai per diventare, te la ritrovi nello specchio al mattino e non ti riconosci. Cresce tutto piano piano e ti ritrovi a dormire con un occhio solo per anni, quando prima ronfavi di gusto per 10 ore di fila. Non si tratta solo di innamorarsi dei figli, è una metamorfosi più complessa e profonda. Nasce un’intera famiglia, nascono delle meccaniche. Ognuno ha i suoi tempi. Per me è stato ed è tutt’ora un crescendo.
Poi vabbè, mio figlio mi fa arrabbiare e ogni 10 giorni lo metto su Ebay per €50. Ma poi lo ritiro.
Io ogni venerdì me ne esco col mio fardello di “chi me l’ha fatto fa”. C’è qualcosa che ti manca dell’ante Gabriel?
Mi manca la leggerezza di dar di testa, di agire di impulso, di fare i cavoli miei senza orari e senza preoccupazioni. Ma si deve pur crescere. Lascio la sindrome di Peter Pan agli altri. Una vita senza legami è una vita vuota, almeno per me. Suppongo che aver avuto la possibilità e la fortuna di esplorare la mia vita, la mia vita di coppia e me stesso abbia tenuto a bada i rimpianti di cui in molti purtroppo soffrono dopo aver avuto figli.
Una cosa è certa: non puoi avere un figlio e poi pretendere di continuare come prima.
Se non sbaglio al momento non stai lavorando preferendo veder crescere tuo figlio. Carriera sacrificata?
Decisamente sí, anche se tramite il blog sto avendo delle interessanti prospettive. La rinuncia fa comunque parte del gioco per me. Ho scelto di rimanere a casa e non me ne pento. Non ancora.
Non hai paura che tuo figlio possa essere preso in giro o che questo possa diventare per lui una difficoltà grande?
Ho molta fiducia nella società in cui viviamo (in UK…) e nel nostro circolo di amicizie. Gabriel non è l’unico bambino con due papà, le cose cambiano, la società si evolve. Se avrà mai bisogno di un’armatura, questa sarà la consapevolezza di avere una famiglia che lo ama, lo supporta e lo protegge. Sempre. Un bambino con due papà è un bambino sovrappeso, o con gli occhiali, o i capelli rossi, o povero, o di colore. La sua miglior difesa contro l’imbecille di turno è l’amore della sua famiglia ed un forte senso di autostima e di identità del sé.
Gabriel come vive la storia dei due padri?
È la sua normalità. A volte mi dice che dovrei avere i capelli lunghi perché per lui io sono come una mamma, non un papà. Poi gli spiego che la lunghezza dei capelli (che per esteso rappresenta il genere) non mi impedisce di fare tutto quello che faccio, ho fatto e farò per lui, e finisce lí. È un bambino molto sereno e solare. Sta crescendo in un ambiente in cui la famiglia è un concetto liquido, fatto di situazioni in cui genitori single, nonni, zii, genitori adottivi, genitori di etnie diverse, crescono bambini come tutti gli altri ‘omologati’. In questo credo sia molto fortunato. Stesse crescendo in quella che era la realtá del mio paesino 40 anni fa, sarebbe molto diverso. I genitori divorziati allora erano bestie rare…
Quella portare i  figli al parco è prerogativa quasi esclusiva delle mamme. Mai successo di esserti ritrovato ad essere unico padre tra una folla di mamme invasate?
A volte sí… Però non è una cosa che accade spesso. Nei paesi del nord Europa i papà sono coinvolti nell’allevamento dei figli quanto le mamme. Vedere un uomo che spinge un passeggino e che allatta col biberon sulla panchina è normale amministrazione. Nei paesi del bacino del mediterraneo la cultura machista è un po’ più dura a morire, anche se in Italia la genitorialità è molto più inclusiva e rilassata di quanto non fosse 15 anni fa e vedo tantissimi papá in gamba che si danno davvero da fare. Alla faccia di chi li chiama “mammi”.
Proprio da questo blog è partito una sorta di outing di gruppo tra mamme che hanno deciso di condividere per sentimento di inadeguatezza che spesso ci accomuna. Ti senti anche tu un po’ pessima madre a volte?
Eccerto. Io sono Crudelia Demon. Sono un distillato di bastardizia per mio figlio, solo perché sono quello che impartisce la disciplina, che gli fa lavare i denti, mangiare verdura, mettere le scarpe. Sono quello che lo fa alzare al mattino, che lo fa vestire per andare a scuola, che lo pettina, che gli dice di non mangiare porcherie, di dire grazie e di salutare.
Insomma, sono un rompicoglioni con tutti i certificati. Ma qualcuno deve pur esserlo. Poi vabbè, col fatto che viaggia spesso, mio marito fa la parte di Babbo Natale. Certi uomini hanno tutte le fortune.
Morammazzati.
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12 Commenti

  • Rispondi rossana 22 Aprile 2014 alle 13:37

    Questo post sì che è una figata!!!!!!!!

  • Rispondi Lara 22 Aprile 2014 alle 13:48

    Mi sono addirittura quasi commossa….

  • Rispondi elisaMammadiGnomo 22 Aprile 2014 alle 17:43

    Questo papá è una mamma fighissima!
    Come vorrei incontrare lui al parco…

  • Rispondi Elisa 23 Aprile 2014 alle 9:21

    Marco e’ il numero uno! L’ho scoperto da quasi in anno e nn lo mollo più!!!! 🙂
    Siccome questa e’ la prima volta che ti scrivo ti faccio i complimenti xché il blog e’ bellissimo!!! 🙂
    Prima o poi mi iscriverò al club delle pessime madri…! 😉
    Bacioni

  • Rispondi Sara 24 Aprile 2014 alle 22:25

    Complimenti per l’intervista…!! 🙂

  • Rispondi Silvia 20 Luglio 2015 alle 17:19

    Ciao.. leggo ora questo tuo post (con calma, ma arrivo..) e devo dire che sto seguendo da un po’ anche TQF ed è davvero forte! Il suo appunto sul fatto che i papà, dalle nostre parti, sono molto meno coinvolti è a mio avviso molto vero, purtroppo: vedo la maggior parte delle amiche (io non ho figli) che li considerano spesso&volentieri solo dei baby sitter, e non li caricano del ruolo importante che hanno. A me si stringe il cuore (e mi girano anche, ma non è carino dirlo..). Bellissima intervista, ne vorrei ancora!! 🙂 Silvia

    • Ceraunavodka
      Rispondi Ceraunavodka 21 Luglio 2015 alle 11:16

      ah, TQF è trooooppo figo. Spero di trovare in futuro persone da intervistare interessanti quanto lo è stato lui 🙂

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