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Back to school

Niente, sono rientrata al lavoro (come? Ah, erano applausi per me quelli? Applaudite più forte allora) cioè, proprio come le persone normali. Quasi come le persone normali. Dopo sei mesi mi sono alzata, vestita, truccata, sono salita in macchina, ascoltato musica ad alto volume ma soprattutto ho compiuto un tragitto che all’arrivo vedeva persone adulte, mediamente più giovani delle mie amiche del supermercato e con le quali intavolare un discorso che prevedesse una risposta compiuta e no un ‘nghe (giuro, non ci credevo nemmeno io ma i nani fanno davvero ‘nghe). In mezzo ho anche preparato il latte, fatto mangiare il nano, l’ho cambiato, vestito, caricato in macchina e mollato alla nonna dopo essermi alzata svariate volte stanotte per allattare e riaddormentare l’uomo (ometto, va) senzasonno.

Ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace. Certo, il contratto non è di quelli che ci metti su famiglia (è inutile che facciate banali commenti, il genio della contraccezione non aveva ancora accettato la mia amicizia) ma in ufficio ci vado contenta. E soprattutto quando sono rimasta incinta non avrei mai pensato di riuscire a rimetterci piedi. Invece eccomi arrivata a questo primo giro di boa fondamentale per me, per la mia salute mentale e per quella di tutti gli altri componenti dell’allegra famiglia.

Credo di essere abbastanza determinata, se voglio anche una gran cazzona ma tutto sommato determinata. E ambiziosa. Prima di Pietro oltre alla vodka c’era solo il lavoro o meglio, quell’impervio percorso, meglio conosciuto col nome di precariato che vede all’arrivo, almeno nelle mie speranze, il lavoro dei sogni e, quando ho scoperto di essere incinta, ho pronunciato nell’ordine le seguenti frasi: “echecazzo”, “cazzo devo smettere di fumare”, “cazzo come faccio con il lavoro”, “cazzo” (poi per una settimana non ho più parlato). Insomma non mi è mai pesato lavorare, dire tanti sì, fare tanto e cercare sempre di fare meglio. Portarmi il lavoro “a casa” anzi, mi piaceva, mi dava equilibrio. Insomma, quando ho saputo ho gridato alla catastrofe come mio solito, ho odiato tutte le donne con la maternità da contratto, maledetto tutte quelle che si prendono pure l’aspettativa e, sempre come mio solito, pian piano la teoria del complotto si è andata assottigliando, mi sono data da fare, ho ripreso contatti e sono tornata a fare.

foto copia 2

E adesso che vi dico? Bello è bello, cioè oggi ho anche fatto battute, riso a quelle degli altri (quelle che ho capito perché i tre neuroni che mi sono rimasti si sono un po’ rattrappiti a forza di cambiare pannolini), fatto discorsi di senso (credo) compiuto, stiracchiato le gambe, le braccia e i pensieri, ho di nuovo sentito il peso di me come me e non come mammadipietro e lo spazio che occupo nel mondo “là fuori”. E poi mi sono riposata. Ho riposato la schiena, le braccia, la paranoia che si nasconde sempre dietro a qualche piantarello. Sono carica, ho voglia di fare, di portare avanti dei progetti, trovarne di nuovi, fare, fare e ancora fare.

Ma sono anche spaventata. Temo tante cose. Temo che dovrò fare molto di più e molto meglio per dimostrare che avere un bambino piccolo non limita una donna che vuol lavorare, temo che la sera mi assalirà quella stanchezza che ti toglie la voglia di ridere e la voglia di uscire di casa, temo che dalla modalità “isterica” passerò a quella “esaurita”, temo che trascurerò il mio uomo, temo che un giorno capirò che è arrivato il momento di trovarmi un lavoro più concreto, temo che mi passerà l’entusiasmo di scrivere questi post serali e inizierò a trascurare anche il blog. Temo che sapere che a casa c’è qualcuno, di piccolo, morbido e molto rompiballe che mi aspetta e che vuole me, me più qualsiasi altra persona per star bene, farà passare in secondo piano i miei obiettivi.

E temo anche che dovrò iniziare a stirare. Oggi mi sono specchiata e ero la più stropicciata dell’ufficio.

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14 Commenti

  • Rispondi Anna Rita 27 Settembre 2013 alle 4:52

    Cazzo quanto è vero!!

    • Rispondi Lucrezia 27 Settembre 2013 alle 7:04

      E poi ho dimenticato di sottolineare quanto io sia fortunata ad avere una nonna sulla quale contare. Avere la mia mamma qua mi avrebbe aiutata di più ma al confronto di persone anche molto vicine che si sono trovate sole ad affrontare lo scoglio del lavoro sono tremendamente, tremendamente fortunata!

  • Rispondi Noemi 27 Settembre 2013 alle 9:30

    Tutta la mia solidarietà e comprensione. Condivido ogni più piccola sensazione del primo giorno di lavoro dopo 6 mesi (anche se i miei di maternità garantita più ferie… gran privilegio, lo ammetto) di alienazione. Poi si torna pian piano alla normalità più marmocchio, ma le prime settimane sono esaltanti. C’è di più: ho trovato che togliendo qualche momento di esclusività al rapporto con la cucciola ne ha guadagnato la nostra serenità. P.s. Il tuo blog mi piace un casino!!!

    • Rispondi Lucrezia 27 Settembre 2013 alle 9:44

      E ti dirò, col passare dei mesi, ho anche smesso di prendermela con le mammematernità. Spero solo che la stanchezza non sostituisca l’entusiasmo. Non totalmente almeno.

  • Rispondi Elisa 27 Settembre 2013 alle 16:04

    Oddio mi è presa l’ansia da rientro pure a me. I primi giorni penso che sarò in panico totale.
    Anche io sono stata sempre e tremendamente coinvolta nel lavoro tanto da farne la mia priorità. .
    Ora so che tutto ció che non è Giacomo sarà per sempre in secondo piano.

    • Rispondi Lucrezia 27 Settembre 2013 alle 18:18

      non sarà brutto anzi, solo diverso. e quando arrivi a casa la sera c’è quel lieve senso di onnipotenza che ti pervade per essere riuscita a fare tutto o almeno, per averci provato.

  • Rispondi Elisa 14 Ottobre 2013 alle 15:22

    Io ero disoccupata quando sono rimasta incinta e non ho parenti a cui lasciare lo Gnomo ma, porcapaletta, un paio di settimane fa sono andata comunque a fare un colloquio di lavoro. Così, tanto per avere l’occasione di vestirmi decentemente e parlare con degli adulti per scoprire se ero ancora in grado di tenere una conversazione dignitosa che non contenesse le parole: “cacca, pappa, nanna, ciccettomiolucesantamoredellamamma, nontoccarenonmetterloinboccanonfarlocadere.”

  • Rispondi mammandosimparablog 13 Dicembre 2013 alle 21:59

    No, ti prego, resisti…stirare no! Non farmi sentire sola – facciamo le w.u.a.i (women united against ironing) insieme!

    • Rispondi Ceraunavodka 14 Dicembre 2013 alle 10:45

      tranquilla: ho già smesso. Durata dell’avventura: tre sessioni di stivaggio 🙂

  • Rispondi Mamma Piky 11 Gennaio 2014 alle 13:48

    Una parola sola per questo post! Favoloso!

  • Rispondi serena 8 Ottobre 2014 alle 17:13

    io ho l’armadio pieno di cose non stirate e sono sempre molto stropicciata(e pure il marito). In casa nostra si stirano le camicie solo per andare ai matrimoni(propri e altrui). Mia madre viene in visita una volta ogni 3 mesi(abita a 800km di distanza) e stira tutto lo stirabile in 4 giorni. Io non le ho mai chiesto di stirare ma lei è il tipo che stira pure mutande e canottiere a casa sua….non puo’ sopportare l’idea di camicie e lenzuola non stirate!

    • Ceraunavodka
      Rispondi Ceraunavodka 8 Ottobre 2014 alle 21:43

      a volte mi chiedo com’è possibile essere figlia di una madre stiratrice. O forse è mia mamma che si chiede come fa ad avermi per figlia 🙂

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