C’è che mi sono messa a pensare a quanto sono stata stronza. Io e la mia mansardina in centro, piccolissima e piena di scale, ma felice e sempre piena di gente.
Le mie serate fuori, i miei concerti, i miei aperitivi, i miei weekend organizzati all’ultimo minuto, la mia leggerezza. I miei sabati che iniziavano quando decidevo io, lenti, in giro con le amiche per negozi a cercare qualcosa da mettere a cena, la sera. Le mie domeniche passate a rotolarmi a letto. Il tempo che avevo per prendermi cura di me, ma che non apprezzavo appieno.
La mia leggerezza, il mio appassionarmi a tutto, prima con gli occhi e poi con il cuore e il mio avere la possibilità di sperimentare. Senza orari, senza doveri, senza (troppe) imposizioni.
La possibilità, che avevo, di pensare e poi fare, senza dover rendere conto a nessuno. Il mio disordine, il caos che avevo in testa e nella mia camera, e nessuno che dettasse, al posto mio, i tempi per mettere in ordine. Poter decidere, quasi con arroganza sentirmi padrona della mia vita, con la convinzione che tutto quello che volevo, potevo averlo. Bastava allungare la mano e muovere il culo.
E poi c’era il lavoro e quella convinzione che la mia vita sarebbe stata solo quello: lavoro attraverso il quale mi sarei realizzata. E c’era la compassione che mi riempiva gli occhi quando guardavo le altre, donne con figli, che avevano messo tutto al secondo posto. C’era il mio giudicare, senza sapere. Dire che una donna può lavorare ugualmente, oppure scegliere perché la vita è sempre questione di priorità. E se la tua, donna con figli, è quella di cambiare pannolini ad un neonato allora dovresti fermarti, farti un esame di coscienza e pensare che per l’azienda forse non sei una risorsa cosa irrinunciabile. E se devi correre a casa perché non puoi organizzarti diversamente, io allora lavorerò al posto tuo. E magari ti farò le scarpe.
E allora, brutta stronza che ero, sai che c’è? Che sì, mi tocca dirtelo, c’è che oggi dovresti fare un bagno di umiltà e dire che eri nel torto. Perché no, non è giusto che una donna debba scegliere, perché una mamma per un’azienda può essere una risorsa preziosa, e una donna, spesso, non è mai solo una mamma. O solo in carriera. Spesso vita privata e lavoro si fondono, si intrecciano, si mescolano e s’ingarbugliano fino a restituirti una matassa di caos, fatta di incastri, corse e fiato corto. Ma quello che non sapevi, che non potevi sapere e per questo avresti fatto bene a stare zitta, è che ci saresti finita pure tu ingarbugliata nella matassa. Con la sensazione di non avere via d’uscita e quella, sempre presente, di non riuscire più a fare bene niente. Male la mamma, male la professionista, male la compagna. Adesso, a pensarci bene, fai fatica pure a respirare e ti chiedi che fine ha fatto tutta quella sicurezza, le risposte definitive, la determinazione.
E allora, te lo dico, la verità è che un po’ ti odio, ma un po’ ti devo pure dire grazie, perché è pensando a te, a quanto sei cambiata e a come lo hai affrontato questo cambiamento, più o meno sempre a testa alta e col sorriso, tu che pensavi di essere quella definitiva, che io, la te di ora, ho deciso di cambiare ancora e di mettere in discussione quello che credevo essere una certezza.
Perché, l’ho capito ora, grazie alla mia arroganza di allora, che c’è sempre la possibilità di scegliere. Di entrare o di uscire. Per andare a prendersi quello che si vuole.
Anche un lavoro tagliato su misura per te, stronza!
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7 Commenti
il punto per me è che non è facile ritagliarmi la mia condizione ideale (di mamma felice di 2 pupi piccoli e di lavoratrice che fa un lavoro che mi piace e mi dà soddisfazioni), mi sono accaparrata un part-time a 6 h con le unghie e con i denti 18 mesi fa, ed ora che è in scadenza, sto di nuovo lottando per questo benedetto part-time e sembra che io stia elemosinando e questa cosa non va bene. Perchè il part-time, da mamma di bimbo sotto i 3 anni, dovrebbe essere un mio diritto. Perchè lavoro meno, sì, ma non meno bene e soprattutto vengo pagata meno e non capisco perchè pare che io stia facendo una supplica al mio capo che forse, per sua bontà, me lo concederà, o forse no, e forse per altri 18 mesi, e poi?
Già, non è facile, ma io assolutamente non penso che una mamma non possa lavorare, anzi. Dico solo che se una mamma non vuol scegliere tra lavoro e figli, perché comunque è giusto così, difficilmente si è messe nella condizione di poterlo fare. Dico anche che, spesso, si giudica senza sapere, ma poi fortunatamente si può anche cambiare opinione. In bocca al lupo per il tuo part-time
Carissima…cosa ho mai letto!?a me è successo il contrario!mi sono allontanata da casa che avevo 21 anni…senza casa,senza lavoro e incinta!Non mi sono mai occupata di me….niente shopping e seratona con gli amici…guardavo le altre ragazze “libere” e rosicavo.ero piccola troppo piccola per tutto ciò che stavo affrontando….oggi ho 39 anni…mio figlio ne ha 18….a settembre nascerà sua sorella….lavoro e ho una casa…sono una donna,una madre e un’amica e ho imparato che ognuno di noi ha il proprio cammino da fare,gli sbagli e le conquiste….abbandoniamo i sensi di colpa,le invidie e le frustrazioni….Non servono a niente!w le donne!!!!siamo troppo forti!
Che bella storia, ma soprattutto che bella consapevolezza, da vera donna. Abbandonare i sensi di colpa è l’obiettivo, per arrivarci bisogna fare tanta strada, soprattutto dentro di noi, di me nello specifico. Ti abbraccio.
Le vere gratificazioni non si trovano nel lavoro ma negli o occhi dei nostri figli….
Purtroppo le cose non cambieranno certo fin che esisteranno persone che la pensano come la te stronza.
Complimenti a te che hai cambiato opinione, ma se non avessi avuto Pit questo forse non sarebbe successo, ed è triste
Ciao, hai ragione, ma non si può pretendere che si cambi opinione senza sperimentare. Io non sapevo, ero lontana anni luce da quella che sono ora e la pensavo così, sbagliando. Ma non avevo gli strumenti per pensarla diversamente. Per fortuna non avevo un’azienda 🙂